Friday, December 07, 2012

My heart deceived me

Il mio cuore mi ha tradito.
 Si è congedato con un messaggio. E' il coraggio che manca. La capacità di guardare negli occhi qualcuno quando si dice la verità.
Forse sono occhi disarmanti, portatori di sguardi che non si sostengono.
Questi miei grandi occhi. Non un mare azzurro ma un immobile lago verde scuro.
Quelle poche righe e quelle parole di troppo.
Ed io non una parola, non una riga, non un segno di interpunzione.
Io il niente più assoluto, il silenzio più totale.
Sai quanto mi piace concedermi l'ultima parola ed invece no, questa volta l'ho lasciato da solo, sul quel palco a recitare il suo monologo.
Nessuno dietro le quinti che aspetti di entrare per dare la sua battuta.
Il sipario si chiude e  lo spettacolo è finito, senza applausi, senza spettatori.
Addio cuore.
Poi ho indossato le scarpe da ginnastica e sono andata a correre per consumare le suole ed il dolore per una insostenibile assenza.








Friday, November 23, 2012

Una promessa

La mia è una promessa d'amore. Per amore... amor proprio.

Se mi ferirai, se mi farai sanguinare, se mi sfigurerai lasciandomi piena di lividi e graffi, se mi lacererai l'anima, se violenterai la mia mente, se in fine, mi lascerai distrutta con il corpo martoriato e tumefatto,

Io giuro che ti strapperò il cuore dal petto e ancora palpitante, lo mangerò.

Tuesday, November 20, 2012

Quando finiscono le favole.

Nessuno ci racconta mai  come vanno a finire le storie a lieto fine, tutti tacciono dopo quel sentenzioso " e vissero felici e contenti".

Per questo non sappiamo cos'è la felicità, per questo non sappiamo raccontarla.

E se questa fosse una storia? Se io potessi raccontartela?

Ecco, ricordi quei due?

Li abbiamo lasciati li per strada a scambiarsi la promessa di un incontro o se vuoi li abbiamo lasciati li con la loro storia andata male, con il loro non capirsi, con i loro reciproci addii.

Ecco proprio loro.
Infondo ci si affeziona ai personaggi di una storia e ci siamo affezionati alla ragazza italiana dalle gambe lunghe e magre, al ragazzo dal nome irlandese, imperscrutabile con il suo impermeabile scuro.

In fondo abbiamo tifato un po tutti per loro, abbiamo  avuto bisogno di credere che potevano farcela, che quel reciproco interesse nato in una sera d'Ottobre potesse sopravvivere alla crudeltà del razionale, alla freddezza della realtà.

Dopo aver riversato tutto il nostro crudele cinismo, abbiamo maggiormente bisogno di credere in qualcosa, un barlume di speranza, abbiamo bisogno di pensare che qualcosa di consistente rimanga, anche se non narrato, dopo un "e vissero felici e contenti".

 E allora mettiamo che si, si  fossero detti addio, mettiamo che avessero deciso di non incontrarsi più. Perché allora sono in quel bar? perché si stanno baciando?

Tutto questo non ha niente a che vedere con la ragione, non c'è nulla di sensato.
C'è qualcosa di folle, di totalmente deviato, di estraniante e pur tuttavia spontaneo.

Goethe avrebbe detto che è dovuto ad una  reazione chimica, elementi che tendono a stabilire una affinità, cioè una predilezione nel costituire un legame.
Non saprei usare parole migliori di queste.

Sono li seduti e si consumano di baci, tra qualche ora si separeranno, e torneranno ognuno verso casa.
Si vedranno ancora e questa volta non c'è dubbio.

Lei si sentirà stupidamente felice.
Temerà la fragilità della sua felicità, si dispererà al pensiero che  possa non essere corrisposta come vorrebbe, però non può fare a meno di sentire il profumo di lui sulle sue mani, non può fare a meno di pensare che è martedì notte, che fuori sta piovendo e che è innamorata.

p.s. Questa foto è quello che vedo dalla mia finestra ed è il simbolo della mia conquistata libertà, della mia costruita felicità, niente mi è più caro di questo.









Tuesday, October 23, 2012

Se questa fosse una storia

In una sera d'Ottobre, dopo aver cenato con alcuni amici in un ristorante di May Fair, si incamminò verso casa.

Non faceva freddo ma aveva piovuto e l'umidità era tutto intorno come una patina opaca e bagnata, una pellicola di cellophane  appiccicosa che con persistenza avvolgeva ogni cosa.
Aveva le gambe lunghe e magre indolenzite dalle estenuanti corse alle quali si era sottoposta con intransigenza da mesi, ogni giorno, in nome di quel benessere che alla fine, lei lo sapeva, era più mentale che fisico.

Camminava con passo svelto con un'andatura oscillante accentuata da quei tacchi altissimi che la facevano sembrare ancora più magra, più sottile, un filo d'erba.
Teneva le braccia intorno al corpo serrate in un abbraccio.

Si infilò giù scendendo rapida le scale mobili della metropolitana. Fece attenzione a non urtare le persone che sostavano sul lato destro, trasportate da quel cigolante nastro metallico mentre veloce scendeva nella pancia della terra.

La luce verdognola del neon sfarfallava con una  intermittenza quasi impercettibile.
Salì veloce su vagone del primo treno. Scese alla prima fermata poi a passo ancora più ritmato camminò tra i cunicoli stretti e bassi.

Doveva arrivare a prendere l'altra linea, collocarsi li dove inizia la banchina e dove il primo vagone del treno avrebbe sostato.
Sapeva bene che se si fosse collocata in quella posizione, nella stazione di Oxford Circus, una volta arrivata a destinazione si sarebbe trovata nella parte più vicina all'uscita e avrebbe risparmiato alle sue sottili gambe stanche diversi metri.
Si collocò li dove era previsto e diede una rapida occhiata al cartellone luminoso. Due minuti ed il treno sarebbe entrato in stazione.

Due minuti, è strano a credersi ma, delle volte, è il tempo necessario ad avvicinarci a qualcuno, il tempo necessario a scrivere un nuovo capitolo, magari una nuova storia. Due minuti, cosa sono due minuti?  un tempo infinitesimale se considerata un' intera esistenza.
Fu in quel momento che lo vide arrivare con un passo deciso. Lei che pure era abbastanza attenta come osservatrice, non gli avrebbe prestato attenzione se lui non avesse scelto quella posizione con la stessa sicurezza con cui lei lo aveva fatto solo qualche secondo prima.
Lei ebbe l'immediata consapevolezza che la scelta di  lui di collocarsi in quel posto era pertinente come la sua.
Era alto e magro. Indossava un impermeabile scuro. Una serietà austera gli irrigidiva i lineamenti. Una bocca non troppo grande ma ben disegnata, una fronte spaziosa.
Il treno arrivò in stazione con il solito rumore assordante di freni e con una ventata che la fece retrocedere qualche passo dalla linea gialla tracciata sul marciapiede.
Aspettò che i passeggeri scendessero poi con un saltello salì sul treno.
Vide un posto a sedere e sperò di potercisi accomodare ma il ragazzo con l'impermeabile era già li. Stava per sedersi quando la notò e fece cenno per cedergli il posto.
Lei si affrettò a pronunciare un gentile diniego, così come si deve in quelle circostanze ma lui fu prontamente categorico.
" Please do it!"

Lei prese posto e qualche fermata dopo anche lui trovò a sedere nella fila di fronte.
Per un attimo i loro occhi si incrociarono.
Poi si guardarono ancora ma questa volta nessuno dei due abbassò lo sguardo. Solo alcune persone che erano in piedi e che ciondolavano mollemente lasciandosi trasportare dal movimento basculante del vagone, impedivano ad entrambi di continuare a guardarsi. Le porte si aprirono e si richiusero per un paio di volte, poi lei si accorse che era arrivata e si alzò.

Lui fece altrettanto.
Lei sorrise tra se pensando di aver avuto la giusta intuizione circa la loro stessa scelta del vagone.
Per qualche secondo camminarono uno accanto all'altra, più piano di quello che avrebbero fatto se non si fossero notati.
Poi lui le chiese se aveva passato una bella serata, così come si farebbe con qualcuno che si conosce. Lei gli sorrise, gli disse di si.
Lui notò l'accento straniero di lei e gli chiese da dove venisse. Lui si presentò.
Aveva un nome bello e raro di origine irlandese.
Lei si accorse che l'espressione dura di lui si era sciolta in un sorriso, un bel sorriso.
Camminarono fuori dalla stazione.
Lui le chiese se voleva bere qualcosa, lei le disse che avrebbe voluto ma non quella sera, un'altra volta.
Lui sorrise e le disse che quello, dalle sue parti,  era un modo cortese di dire di no.
Lei gli rispose che quello, dalle sue parti,  era un modo cortese per dire " un'altra volta".
Dopo quelle formalità che avrebbero permesso di vedersi ancora si fecero compagnia per un breve tratto di strada, si salutarono con la promessa di rivedersi presto.

Ecco se questa fosse stata una storia, se questo fosse stato un romanzo, un film, un semplice racconto di narrativa questo sarebbe stato un bel inizio.
Ma questa non è una storia, e se rassomiglia a un racconto o ad un film, è solo un caso.

La vita non è un testo di narrativa e non si può scrivere con quella serenità pacificante di un racconto. La vita ci aggiungerà sempre qualcosa di ruvido, una nota stonata, un incidente che improvvisamente muta tutto quello che era nelle premesse.
Se la vita è vita, se lui e lei si fossero cercati e visti in seguito, dopo quella sera che aveva tutta la suggestione di un racconto perfetto allora non sarebbero stati felici e così come si sarebbero trovati si sarebbero  anche perduti.
La vita va anche così.



Maybe we make a deal, maybe together we can get somewhere
And finally see what it means to be living











Tuesday, September 18, 2012

Gli amanti

Gli amanti non hanno un nome e non fanno numero.


Sunday, September 16, 2012

The rules of the Game


In palio il cuore, un pugno palpitante di carne.

Queste le regole del gioco: Al tavolo siedono solo due giocatori: tu ed io. Per sedersi al tavolo è necessario un invito, il mio.
Terzi giocatori sono invitati a lasciare il tavolo da gioco senza rimostranze.

Le regole mi dispiace dirlo, non sono delle più semplici e tuttavia devono essere rispettate.
Se bari, se bluffi, se le tue carte sono truccate prima o poi io lo scoprirò. In questo caso il gioco è finito e tu hai perso.

Per vincere serve tattica, una certa scaltrezza, una perseverante intelligenza e una buona dose di fortuna perché ogni tanto sarà necessario tirare i dadi del destino, affidarsi al caso o ad un innato senso per la strategia. Sono qualità che possiedi?

Sii stratega abbastanza da non farmi prevedere le tue mosse, non mi piace giocare a carte scoperte, il gioco diventa meno interessante e a me piace essere stupita. Saprai stupirmi?

Gioca per vincere o non giocare affatto.
Per giocare ci vuole ironia.
Per giocare bisogna essere sportivi abbastanza da accettare il vantaggio che qualche volta uno dei due avrà sull'altro, e desiderare profondamente di volerlo colmare.

Fammi vedere con quale maestria mi guarderai negli occhi, tenendo le tue carte, conquistandoti la mia stima con l'abilità di colui a cui non piace perdere.

Io aspetterò la tua mossa con altrettanta audacia, giocherò le mie carte con attenzione e farò sempre in modo di riservarti qualche asso che prontamente tirerò fuori dalla manica, nel momento più inatteso.

Insieme punteremo senza riserve, come i migliori giocatori d'azzardo, perché entrambi sapremo che la posta in gioco vale  tutti i nostri reciproci averi.

 Le carte sono state mischiate, il tavolo è allestito.

Manchi solo tu, ma tu chi sei?

















Thursday, July 05, 2012

Sogno di una notte di mezza estate

L'architettura sublime di un volto perfetto. Occhi scuri come petrolio ed affoghi lenta nella consistenza vischiosa di quella oscurità.

Poi i miei occhi che incontrano i suoi ed è come quando il mare si infrange violento sulle rocce aguzze di una scogliera. Lo stesso suono, lo stesso effetto dell'acqua che rarefatta si nebulizza in mille particelle inconsistenti.

Tra le sue mani un bracciale dalla circonferenza ellittica. Ascolto le sue parole mentre scivolano ipnotiche dalla sua bocca.

Sento la presa forte e sicura della sua mano sul mio polso mentre infila il bracciale e si accorge di quanto sia esile, sottile, di come l'accessorio scivoli via sulla superficie piatta e liscia della mia pelle.

Ed è così all'improvviso, inaspettatamente che quella frase torna alla mente come un mantra dal valore archetipo, una litania, la riesumazione di una antica formula magica

" I miei polsi sottili per sempre legati ai tuoi".

Nonostante non la pronunci sento infrangere la lingua sui denti ed il suono morire sulle labbra.

Ne comprendo il significato profondo, non quello contingente, quello dell'episodio che l'ha generata ma il significato preistorico, trascendente: L'annullamento dell' Io nel Noi.

Bevo del vino bianco e freddo. Lo sento andare giù nella gola arsa, arrivare allo stomaco ed incendiarlo con la sua gradazione alcolica.

Tutto si fa più fluido, mellifluo.
Le luci già soffuse sembrano affievolirsi ulteriormente; una brezza sottile come come un alito penetra dalla portafinestra.

Il fluttuante respiro del mondo.

Prima che il giorno arrivi e che il buio della notte si stinga: La musica, le lenzuola sfatte, il caldo umido di una notte d'estate, volti che ci fissano muti da una tela parzialmente grezza di un dipinto incompleto.

Poi tutto quello che era stato così concreto e tangibile si fa inafferrabile, della stessa materia dei sogni, impalpabile.

E ti domandi se quegli occhi scuri come la pece siano mai esistiti, se la geometria perfetta di quel volto non sia altro che una equazione di una mente dormente.

Poi fu la luce.


Friday, June 08, 2012

Ci sono dei giorni

Ci sono dei giorni in cui la felicità degli altri mi sembra insopportabile.

Tuesday, June 05, 2012

Dea inutile

Mi piacquero molto quelle parole.
Le cito seguendo il loro naturale ordine ma estrapolando solo quello che per me ha un valore:

" Spacco il bicchiere mentre incendi l'aria [...] Ti prendo. Ferma...perfetta e preziosa nel mio nastro [...] Siamo stretti, rischiamo di cadere in pezzi. Prenderò il rischio. 
Sfondami il petto[...]. E' la prima volta che qualcuno mi culla . Sei inutile se non rimani, sei una dea inutile."


Vibranti, vigorose e vitali.
Peccato che non abbiano mai portato il mio nome.
Io, il tempo della ragione e per un motivo che mi è ignoto, il tempo di una molle pacatezza. Dov'è finito lo slancio? Dove il febbrile desiderio, le notti insonni che bruciano di passione?

Non valgo la pena di un viaggio. Troppo tempo, troppe paure,  poche possibilità.
E' dalla motivazione che dipende la performance.
E la motivazione è divenuta poco importante.
Non posso fare a meno di rimproverarmi per non aver seguito quell'istinto che sempre così rigorosamente dice il vero.

A cosa serve essere brillante, a cosa serve essere perfetta, a cosa serve essere ambiziosa se non posso essere condivisa, accettata, amata?
Forse sono una dea inutile.

Eppure.
Eppure non posso, non ci riesco.
E' forse questo maledettissimo, enorme Ego.
Questa dannata, profonda convinzione di essere migliore, di valere mille viaggi e mille parole.
Un amore che incendi la pioggia, che non lasci niente di intentato.

Non posso fare a meno di pensare che tu abbia fallito il proposito di essere all'altezza di questa Dea, seppur inutile.





Tuesday, April 24, 2012

Pensieri sparsi e cose non dette.


Ci sono dei pensieri che ho tenuto per me, non sempre cose importanti, cose che restano sospese, senza conseguenze, inerti e mute. 
Oggi condivido ma sappilo che sono riflessioni senza tempo e che di certo hanno trovato poco spazio.

"Ho un livido sulla schiena. Lo sento quando mi appoggio allo schienale del divano, è li proprio sulla prominenza della vertebra.

 G. è stato in città. Come era prevedibile io non l'ho saputo da lui.

Ieri sera sono stata sveglia fino a notte fonda, ho lavorato quasi trattenendo il fiato. Quando sono andata a letto ho dormito un sonno profondo e senza sogni.

Di recente ho visto una foto di D. con la sua donna ed ho pensato che stanno bene insieme. Ho pensato che dovrebbero usare una crema solare ad alta protezione perché hanno entrambi le efelidi. Noi non avevamo la stessa compatibilità fisionomica.

Quando penso a Lara mi sento infelice, non riesco a credere di non essere riuscita a riportarla a casa.

Dovrei sedermi e dimenticare, e allora forse accetterei che " anche se ti comporti bene e fai quello che va fatto, può accadere che le cose non vadano come dovrebbero".

Vorrei che qualcuno si prendesse cura di me ma dubito di sapermi affidare.

Mi sorprendo per l'acuta intelligenza con la quale metto a punto nella mia testa piani di vendetta, sarebbe così facile realizzarli, così semplice servire quel famoso piatto freddo ma poi mi rendo conto di non tenerci, ecco, semplicemente non me ne frega niente. Le azioni senza intenzioni non hanno nessuna fascinazione su di me.

Roberto è subdolo, Ben è un inetto.
Akin possiede una gentilezza rara. Le persone gentili mi piacciono molto.

L'unica cosa che mi interessa veramente in questo momento è il successo."

P.s. Se per qualche insana ragione questo blog non ti bastasse più, se vuoi sapere di più di me allora vienimi a trovare, basta seguire la rotta a nord.








Monday, April 09, 2012

Different views

Non ho bisogno di fortuna, la fortuna è per coloro che non hanno talento.

Tutto quello che ho, tutto quello che sto ottenendo non mi sembra affatto un accidente del destino, un caso fortuito, un imprevisto felice. Tutto quello che ho l'ho costruito.

Per questo si amano quei trascurabili momenti di felicità, quei microscopici successi.
Le considerazioni che meritano un pubblico riconoscimento.

Tutto quello che di importante e bello ho avuto dalla vita è sempre stato preceduto da una negazione che sul momento mi sembrava assoluta.
I "No" hanno cambiato il corso della mia vita.
Perché solo quando ti senti negare qualcosa inizi a chiederti veramente che valore abbia per te la cosa negata. Se è trascurabile, dopo una dovuta riflessione, la lasci andare.
Se la lasci andare sai che ci sono state delle considerazioni efficaci che ti hanno fatto propendere per questa scelta.
Dopo un no, nulla viene lasciato andare per semplice trascuratezza.

Al contrario, quando desideri veramente qualcosa, quando ottenerla non è un capriccio, un desiderio passeggero, quando averla è necessario a soddisfare le motivazioni del tuo esistere e della tua felicità, solo allora trovi la determinazione sufficiente ad appagare il tuo bisogno.
I si non hanno mai fatto riflettere a lungo come i no.

I no ci costringono a confrontarci con i nostri limiti, ad accettare le conseguenze dei nostri errori o l'inadeguatezza delle nostre azioni.

I no ci offrono l'opportunità di desiderare un cambiamento e in definitiva di  essere delle persone migliori.
Io sono grata per tutte quelle situazioni nella vita, in cui mi sono sentita negare qualcosa perché solo quelle circostanze hanno dato sapore ai successi che sono venuti dopo.

Le negazioni ci informano sulle chiusure mentali dei nostri interlocutori, dei loro pregiudizi, dei loro limiti o semplicemente ci parlano dei loro desideri e delle loro aspettative deluse.
Un no è sempre un confronto, con noi stessi o con gli altri.
I no sono delle opportunità e delle sfide ai quali non dobbiamo sottrarci con semplicità.

Per queste considerazioni io accetterò i no che verranno come delle benedizioni, i no saranno il mio stimolo e l'affermazione della mia determinazione, la prova concreta della volontà di successo.

p.s. A very special view from a very special window.








Tuesday, March 13, 2012

We used to be friends

Mi è sempre piaciuto parlarti di me, mi sembrava di avere sempre qualcosa da dirti, un aneddoto da raccontarti. Tu mi stavi ad ascoltare divertito, poi argomentavi con la tua intelligenza brillante.

Si godeva della reciproca compagnia senza grandi gesti, senza ridondanti orpelli. Le nostre esistenze si incrociavano regolarmente ma senza la puntualità del dovere.

I nostri discorsi erano sempre ironici, anche quando erano malinconici,  soprattutto se erano seri.
Eravamo reciprocamente gentili ma non per pura cortesia. Notavo la tua intransigenza ma sapevo che non l'avresti riservata a me.

Eravamo affini, complici, vicini. Ci intendevamo sui discorsi senza il bisogno di condividere la stessa opinione, ne l'uno avrebbe voluto cambiare quella dell'altra. Eravamo in armonia, eravamo in equilibrio.

Mi interessava tutto di te. Facevo parte della tua vita, avevo un ruolo che non ambiva a titoli. Quel ruolo me lo avevi dato tu ed era importante.

Poi seduti a quel tavolo non ti ho capito più, tu hai usato parole che non ho inteso.
Mi hai detto di non riconoscermi ed io ho pensato di essere un'estranea.

Le mie parole non ti sono arrivate così come succede tra due persone che non hanno mai parlato la stessa lingua, che non hanno mai condiviso gli stessi gesti.
Avrei voluto alzarmi ed andarmene per non vedere andare tutto in frantumi ma tu hai inteso il mio gesto come una provocazione, una reazione capricciosa.

Sono rimasta ad assistere sgomenta alla fine di quella proporzione perfetta che era la nostra amicizia.
E' così che abbiamo smesso di essere amici ognuno sopraffatto dai propri interessi.

Ed ora non riesco a fare nulla con la leggerezza che ti riservavo.
Ti odio e mi odio per non sapere ritrovare la strada per tornare da te. L'avevo percorsa così, senza lasciarla disseminata di segnali pensando che non sarebbe stato necessario percorrerla a ritroso cercando il punto esatto in cui ti avrei perduto.

Monday, March 12, 2012

The Tea Maker

Kakuzo Okakura  racconta, nella sua  magistrale  opera, Il " libro del Tè" come questa bevanda, nella società antica giapponese, fosse considerata una medicina, un erba curativa.

Okakura spiega come il gesto di preparare questa bevanda, ossia l'ebollizione dell'acqua, l'infusione della foglia e il rituale del servirla, fosse assunta ad una vera e propria religione estetica, il Teismo, e non meno ad una pratica cerimoniale all'interno delle arti tradizionali zen.

L'autore del libro spiega come il tè fosse considerato anche  un metodo di giudizio del comportamento degli individui: " ha poco tè" una persona che non ha potere decisionale sulla propria vita, al contrario, " ha troppo tè" colui che si lascia travolgere dagli accadimenti e dalle passioni lasciandosi sopraffare.

È con questo spirito zen e con queste considerazioni spirituali che ho deciso di ascoltare il consiglio di Roberto e di accettare la proposta della signora King di fare un giorno di prova presso gli studi fotografici Snap, in qualità di assistente di studio.
La signora King, va detto, ci aveva tenuto particolarmente a sottolineare le responsabilità del ruolo e a indicarmi con particolarità di dovizia che fondamentalmente si trattava di preparare del tè e del caffè agli ospiti dello studio.

"A foot in the door is what you want" aveva sentenziato il mio mentore  circa la mia perplessità sulle peculiarità del ruolo. In fin dei conti si tratta di uno studio molto frequentato, aveva continuato ad argomentare, e per una giovane fotografa nuova in città ogni occasione per conoscere gente influente dell'ambiente va colta senza batter ciglio.

Ricordo di aver pensato che, tutto sommato, Okakura avrebbe approvato.

E' inutile starvi a raccontare i dettagli di una inutile e penosa giornata che in nulla ha evocato la regalità del Cha no yu. Se mai voi abbiate il dubbio, sappiate che un borbottante bollitore incrostato di calcare utilizzato freneticamente per un centinaio di volte non ha niente a che spartire con il concetto di armonia, purezza e tranquillità che il cerimoniale del tè assurge come principio fondamentale per la sua corretta esecuzione.

A volte bisogna trovarsi nel posto sbagliato per comprendere veramente cosa significa ESSERE nel posto sbagliato. Ma essere nel posto sbagliato può anche significare prendere coscienza del proprio ruolo, del proprio valore e della propria strada. Ricordare durante il percorso che in nulla vogliamo avere  poco tè o troppo tè. Quello che vogliamo è raggiungere l'equilibrio, quello che vogliamo è il NIN, non la pazienza ma la perseveranza.

Ed io diabolicamente persevero.





Friday, February 24, 2012

Come equilibristi sopra le ringhiere.

Le intenzioni, le migliori credimi, ce le avevo messe. Scrivevo così :

"Il giardino è tutto bianco. Non hai dimenticato? Quel viale va lungo e dritto, come una cintura distesa, e risplende nelle notti di luna. Ti ricordi? Non hai dimenticato?"

"[...] In questa stanza io dormivo, da qui guardavo il giardino, la felicità si svegliava con me e il giardino era tale e quale adesso, nulla è cambiato. Tutto, tutto bianco!"

Ho visto, nella notte, finissimi cristalli di simmetria esagonale scendere sottili ed ondeggianti da un cielo senza stelle. Sembrava accarezzassero il cielo come fosse una tenda di raso. Da prima inghiottiti dal nero petrolio dell'asfalto, tenaci hanno resistito all'oscurità e al vento fino a coprire di bianco i tetti e gli alberi, il suolo e le prominenze, come equilibristi sopra le ringhiere dei balconi. Raro che accada da queste parti.  Ed io con le mani appoggiate sul vetro freddo delle finestre, trattenendo il respiro  ho sospeso ogni giudizio perché la notte non mi ingannasse. La prossima settimana non sarò più qui e non guarderò più da questa finestra, parto.

Vado via e non tornerò.
Volevo lo sapessi.
Rotta a nord.

Potrei spendere fiumi di parole sulle ragioni, su tutti quegli ottimi motivi che mi vedono distante da qui, potrei ma non lo farò perché l'unica cosa che voglio rimanga nella tua mente è che io non ci sarò.
Ma tu lo sai che non è la lontananza a fare la distanza.

Non sento più rabbia, ho dimenticato le ragioni del disappunto. Il cerchio inesorabilmente si chiude ed io vado via per aggiungere a quel cerchio uno che sia tangente a quello in un solo punto.

Finiva così, con quel doppio punto, uno in meno per lasciare le cose in sospeso, uno di troppo per chiudere definitivamente il discorso.

Ed ora? potrei descriverti il cielo, ma quante volte ti ho parlato di questo cielo pieno di nuvole che scorrono veloci? Sembra tutto uguale eppure è tutto così ostinatamente diverso. 

Qui, sola sulle mie gambe e quel senso di vuoto, quel senso disarmante di libertà e di onnipotenza. 

Se guardo gli altri li vedo piccoli e insignificanti, nei loro lavori da scrivania, nelle piccole province, nelle loro relazioni consolidate e noiose. 
Ed io che cos'ho? io non ho niente e niente da perdere.

Avevi ragione tu, hai sempre avuto ragione tu. 
Io avrei voluto essere dolce ma sono l'amaro che c'è nel cacao.
Io avrei voluto essere un paesaggio sopra un'altura ma sono la vertigine che ne deriva.
Io avrei voluto essere la quiete ma io sono tempesta.
Ed è per questo che tu mi hai amata, è per questo che tu continuerai ad amarmi.
Non si può cambiare la natura profonda delle cose.
Artemisia è nata qui e qui è tornata.