Thursday, August 13, 2009

Quando il vento tornò a parlare


Ricordo bene il lieve sussurro del vento, passò sfiorandomi i capelli in un giorno d'Aprile. Immobile, soffocante ed umida l'aria di una notte d'Agosto che per nulla ricorda il respiro sottile di una giornata di primavera. E' il tempo che passa, che scivola fra le mani, che muta gli animi e gli umori e che ci condanna ad una infelicità profonda fatta di arrivederci incerti che in tutto rassomigliano a degli addii.
Potrei guardare il cielo, perché è la stagione delle stelle cadenti, perché potrei ancora sperare di aggrappare ad una di esse una speranza. Ma così  brevemente vivono le speranze legate alle comete, nel baleno intermittente di una frazione di secondo e nulla più. Tutto quello che so è che avrei desiderato restituirti la felicità che non possiedi, che avrei voluto essere la cura dei tuoi mali, che avrei voluto narcotizzare le tue notti insonni, placare le tue ansie, guarire la tua anima da quello stato incerto che dici di possedere. Ma sfortunatamente l'amore non è mai stata una risposta. Il bene che proviamo per le persone non guarisce una delle loro ferite, ne asciuga le loro lacrime. Desiderare di essere toccati, guariti, alleviati è una condizione necessaria a rimuovere quella naturale impermeabilità che possediamo. Non preoccuparti per me, io starò bene perché ho ancora il ricordo di quel soffio di vento nel cuore e sulle labbra. Quando l'insopportabile consapevolezza di una terribile perdita passerà e ritroverai tutto quello che ora senti svanito allora forse ti concederai di pensarmi. Tutto sarà passato ed io non ci sarò più. Ma sarà in quel momento che io ti regalerò la mia lezione più preziosa  e ti ricorderò che a volte  perdendo un treno, ci si accorge di essersi fermarti in posti inaspettatamente belli.

Thursday, August 06, 2009

Pensieri arsi al sole

È una questione di principio, una scelta di coerenza.

E a dire il vero, odio sia i princìpi che la coerenza, indistintamente, anche quelli degli altri.

Le persone inflessibili mi sono sempre sembrate incapaci di valutare la flessibilità e la variabilità della logica. Tuttavia di fronte alle posizioni  altrui è necessario fare anche la propria scelta. Farla in modo chiaro, eliminando qualsiasi ambiguità. Non capisco  da cosa scaturiscano i princìpi degli altri, delle volte, a formularli sono le stesse persone che mi hanno attratto per la loro capacità di saper sovvertire delle regole, che sembravano completamente prive di una ipocrita morale. So bene però da cosa scaturiscono i miei di princìpi. Lungi dall'essere una semplice presa di posizione, sento di dovermi tutelare quando ho concesso a qualcuno di entrare in uno spazio emotivo riservato, ed  improvvisamente questo spazio viene violato da un gesto inaspettato. 
Non mi piace che si giochi slealmente con le mie concessioni e le mie disponibilità. Delle volte questo comportamento viene interpretato come una chiusura, e nonostante non possa affermare che non lo sia, dirò che il più delle volte, non lo è totalmente.
Ed ecco perché odio i principi:  Perché per quanto nobili, ragionati e perseguiti evocano in me l'idea di aver innalzato un muro fra me e gli altri. Mi dispiace dover ammettere che anche in questa occasione è così. Preferisco fare una scelta apparentemente drastica che fingermi consenziente ad una che non mi appartiene. Non posso permettermi di mancare a me stessa, questa è l'unica cosa che alla lunga comprometterebbe la mia felicità in modo irreversibile. Forse queste spiegazioni non erano necessarie, ma non do mai per scontato nulla, nemmeno l'ovvio. Andarmene è la sola scelta che mi rimane, lo scacco matto prima di dichiarare la partita chiusa.

P.s. Assicurarmi le gambe?

Saturday, August 01, 2009

Qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto


Oggi ho ricevuto una lettera. Poche righe scritte su un rettangolo di carta. Fosse accaduto ieri forse non avrebbe avuto la stessa importanza, lo stesso spessore. Ma il fatto che sia accaduto oggi è come sale su una ferita.
Anche Lui, proprio oggi, per la prima volta da mesi ha squarciato un muro di silenzi fatti di cortesie reciproche e nulla più. Tutto questo è accaduto oggi, nelle poche ore che precedono la quiete di una serata estiva. Ore che poco prima erano state consumate da una conversazione  che chiude ogni cosa. Un sapore amaro tra le labbra, un veleno somministrato da giorni in generose cucchiaiate addolcite dallo zucchero di belle parole, di cui ho deciso di non nutrirmi più.
Non sono fatalista e neppure credo nel destino ma questa sequenza ravvicinata di eventi sembra avere il sapore di una lezione impartita.
Soluzione:
Fare tabula rasa di tutto. Dimenticare ogni cosa. Ricominciare  da capo. Imporsi una logica razionale ferrea, dove la risposta alla domanda  risiede solo nella semplicità. Ricordarsi sempre che tra A e B passa una ed una sola retta. Se vogliono farti credere che esistono realtà più complesse stanno mentendo. Il dolore è sempre disarmante nella sua semplicità e la semplicità è la caratteristica che lo rende insopportabile perché ci piacerebbe credere che le ragioni del male risiedano in spiegazioni più complesse, più profonde, archetipe. Ma il il dolore è tutto lì nella superficie devastante di una rivelazione semplice. 
Ultimamente mi scopro incapace di comunicare con le parole, sono diventate uno strumento scomodo, soggette a fraintendimenti, troppo polisemiche. Niente parole quindi. Ma credo che il mittente della mia lettera non sia rimasto privo di risposta.
Ed ora con il veleno ancora nello stomaco, penso a domani e a quella felicità che sembra fatta di carta e nulla più.