Thursday, February 26, 2009

A broken doll never cry

Impopolare. Io sono impopolare. Non ricordo bene cosa debba aver alimentato questa considerazione di me che pure deve essere stata latente, sopita dalle cortesie apparenti delle circostanze. La verità è che io sono scomoda. Credo sia difficile dover rimettere in discussione tutti quei luoghi comuni che così comodamente avevano giustificato insopportabili mancanze estetiche e che ancor di più, hanno mostrato in modo incontrovertibile, incolmabili fragilità  intellettuali. E' meglio credere che io non esista, che io sia una invenzione di una mente avvelenata dalla gelosia e dall'invidia. Bisogna creare un pretesto, uno qualsiasi, che finga indignazione e che possa allontanarmi senza diritto di replica. Mai parlare con me, mai cadere nell'errore di cedere alla seduzione delle mie parole, potrebbero essere così dolcemente convincenti, trarrebbero sugli scogli della incertezza anche le opinioni dei più esperti marinai dell'eloquenza. Quello che non possono accettare è che una bambola possa parlare, che quello che possa dire si riveli addirittura interessante è decisamente troppo, se quello che dice è poi scomodo ed irriverente è assolutamente inaccettabile. Una bambola non dovrebbe parlare. Questo è mostruoso. Questo sovverte l'ordine delle cose. Dunque la soluzione è presa, facciamo finta che non esista e non esisterà. Rompere la bambola, spezzarla a metà. Qualcuno avrebbe dovuto dire loro che non basta chiudere gli occhi perché una realtà incomoda smetta di esistere. Forse potranno eludere la loro banalità per un pò, circondarsi di mediocrità che li faccia sentire nel salotto comodo delle propie superficialità. La verità è che una bambola rotta non piange mai.

Thursday, February 05, 2009

Leaving Caledonian


                            " Ma tu che vai, ma tu rimani
                               vedrai la neve se andrà domani
                               rifioriranno le gioie passate
                               col vento caldo di un altra estate"

Un  cielo grigio, compatto. Un cielo triste che piange lacrime fredde divenute compatte come cristalli. Gli alberi spogli ai lati di una strada colma di neve, una neve fresca, soffice, che si è poggiata lenta e costante per tutta la notte. Una neve pura che promette invano di conservare le impronte del mio passaggio. Porto via tutto con me, custodisco tutti gli oggetti come se potessero conservare per me ogni memoria, come se potessero parlarmi invece di rimanere muti ed immobili. Ma non c'è tempo per guardarsi intorno, per accorgersi che sotto la neve tutto è rimasto uguale e che il percorso che hai fatto mille volte  è ancora lì sotto le suole delle tue scarpe e che presto abbandonerai per altre strade, per altre cose. 

                                        " Anche la luce sembra morire
                                           nell'ombra incerta di un divenire
                                           dove anche l'alba diventa sera
                                           e i volti sembrano teschi di cera"

Ci sono molti chilometri da percorrere, e mentre vai ti lasci alle spalle una Londra di ghiaccio. Abbandoni la costa e se ti guardi indietro vedi solo le bianche scogliere di Dover che sembrano volerti afferrare, che ti chiedono di non partire, di ripensarci. Ma tutto è ormai irrevocabile e vieni inghiottito da strade che paiono un mare d'asfalto. Le navighi veloce e scompaiono nel nulla dopo il tuo passaggio. Tutto è così ostile e pensi solo a casa, al voler tornare in fretta e ti chiedi se casa non sia nella direzione opposta. La notte buia è ovunque ed  ricordi ormai sono diventati un labirinto dal quale uscirai a fatica. 

                                          "Ma tu che vai, ma tu rimani
                                            anche la neve morirà domani
                                            l'amore ancora ci passerà vicino
                                            nella stagione del biancospino"

Ci sono delle esperienze che vanno vissute nel silenzio perché ogni parola spezza la sacralità che le circonda. Tutto quello che vuoi sono delle braccia che ti cullino mentre consumi le ultime lacrime che sprecherai  per questo addio. Ma non ci sono braccia, e non c'è pietà per chi paga lo scotto delle propie azioni. Ma poco importa perché io custodirò tutto con me, stringerò forte ogni fatica conquistata, accarezzerò ogni ferita, rinnoverò ogni promessa e rivivrò ogni sorriso nel tempo infinito della mia memoria.

                                           "La terra stanca sotto la neve
                                             dorme il silenzio di un sonno greve
                                             l'inverno raccoglie la sua fatica
                                             di mille secoli, da un alba antica."

Un lungo viaggio per espiare le propie colpe, per sentire di aver pagato il propio debito. Ora mi lascerò così per un pò, trasportata dai ricordi, soffocata dall'amarezza della perdita, mentre ricorderò di quel raggio di sole che un giorno filtrò da quella finestra che dava sui cortile ed i tetti di Caledonian road.

N.d.a. le parole tra le virgolette sono tratte dalla canzone di De Andrè, L'inverno .    
So bene che avrei potuto scegliere una foto migliore, ma questa foto ha per me un significato speciale.