Friday, December 11, 2009

Sulla semplicità


Ci sono degli aggettivi che non dovresti desiderare di sentirmi mai pronunciare per connotarti. Per esempio, semplice. Per me semplice è ciò che è costituito da un unico elemento, per certo decerebrato, oppure facile, talmente facile da essere elementare, senza affettazione ne ricercatezza.

La semplicità, nella maggior parte dei casi, non è affatto una qualità positiva. Chi ama la semplicità solitamente, non desidera compiere lo sforzo che richiede scegliere, selezionare secondo gusti e preferenze.

La semplicità non si cerca, dire di ricercare la semplicità nelle cose è un paradosso inaccettabile. L'essere sofisticati implica al contrario uno sforzo intellettivo di gran lunga più impegnativo. Per essere elaborati, bisogna conoscere con esattezza un numero sostanzioso di gusti, saperne cogliere le sfumature che ne costituiscono le differenze ed infine acquisirli secondo un equilibrata composizione, seguendo le proprie inclinazioni.

Delle volte si è indotti a credere che la semplicità abbia a che vedere con un certo stato di natura, una essenzialità che appartiene all'individuo dalla sua nascita e che qualsiasi cosa si sovrapponga a questo stato, sia un eccesso inutile, una ridondanza superflua. Niente di più falso e mistificato. La cultura richiede necessariamente un superamento, una elevazione dallo stato di semplicità.

L'ignorante è sempre maledettamente semplice. I sui discorsi sono ovvi, la sua consequenzialità epura il discorso da qualsiasi imprevisto, da qualsiasi accidente. La sua logica è banale e non tiene mai conto della complessità degli eventi. La semplicità è spesso associata all'umiltà. Ma l'umile per sua etimologia è colui che viene dall'humus e cioè dalla terra, dal basso. Insomma che lo vogliate o no, che la cosa vi piaccia o meno , il semplice striscia sempre e non si eleva mai.
In molte religioni l'umiltà è una qualità positiva ma solo ed unicamente perché si ammette l'esistenza di un essere superiore, che risiede in alto, al quale ci si prostra in segno di riverenzialità e subordinazione.

Ed ora è necessario mettere bene le cose in chiaro: Io sono tutto fuorchè semplice. La mia è una voluta, sentita ricerca di elaborazione e sofisticazione tanto intellettuale quanto estetica. Scelgo con attenzione, con cura, evito che il caso si impadronisca delle mie azioni.

Dubito fortemente che tu possa, in qualche modo, aver ignorato questa peculiarità: non è una questione di averlo notato casualmente, come essere inciampato in una minuziosa caratteristica della personalità.
Necessariamente si sarà presentato come un muro, una cortina di ferro, di fronte alla quale le tue qualità non possono essere da meno.

Non ti chiederò di scegliermi, ne di prediligermi. Se deciderai di ignorarmi tu ed io conosceremo la verità. Io mi dispiacerò per te e tu semplicemente andrai per la tua strada.

Monday, December 07, 2009

Je ne regret rien



Non rien de rien, Non je ne regret rien
(No, niente di niente, Non rimpiango niente)

Sono stata a Parigi. Parigi l'elegante, Parigi la sofisticata. Ho percorso le stradine del quartiere di montmartre, il mont du martyre ed ho sentito il mio corpo punito rigenerare passo dopo passo verso la basilique du Sacre- Coeur. In alto, dove le prospettive si fanno ampie, dove il grande sminuisce ed il piccolo diviene insignificante, ho pensato a quello che resta della mia Belle époque e di quel sorriso, il tuo. Non escludo la possibilità di venire a vivere qui un giorno, fra un anno o forse due. Lasciare sempre indietro qualcosa, partire senza domandarsi troppe inutili cose.

C'est payé, balyé, oubliè
( Ho pagato tutto, tutto spazzato via, dimenticato)

Incomprensibile, inafferrabile. Se solo fossi stata più rassicurante, nella mia bellezza così come nelle mie convinzioni, se solo avessi saputo trasformarmi in acqua, ma il fuoco arde e distrugge ed il fuoco brucia e consuma, me, te e tutto quello che resta. Non si può mentire alla propria natura ed io sono fuoco ed ora ardo da sola. Ed io sono così, disarmante nella mia bellezza, incostante nelle certezze, non ho pagato mai un tributo alla semplicità e alla tranquillità che credevo non desiderassi.

Avec mes suvenirs, J'ai allumé le feu, mes chagrins, mes plaisirs, je n'ai plus besoin deux
( Con i miei ricordi ho acceso un fuoco, i miei dolori, le mie gioie, non ho più bisogno di loro)

Il mio amico ha accarezzato il passato ricordando i miei lunghi capelli castani ed il bacio al quale mi ero sottratta. Ed io ho ricordato quella me selvaggia e forte, quella me che crede e spera, che danza con il mondo e con le cose intorno in un frenetico girotondo che mischia turbinoso colori e rose.

Non rien de rien, Non je ne regret rien
Ni le bien qu'on ma fait, ni le mal tout ça m'est bien ègal
(No, niente di niente, Non rimpiango niente
ne il bene che mi hai fatto, ne il male perché mi sta bene ugualmente)

Eccomi nuovamente regina del mio regno, eccomi ancora superba come le più belle delle meraviglie. Una forza ritrovata, rigenerata, partorita da nuove convinzioni. Un mondo nuovo quello davanti a me. È tempo di stupire ancora, mi spoglio di questi abiti sporchi, ed indosso gli abiti consoni ad una sovrana.

Je repars à zerò
(Ricomincio da zero)

p.s. Forse non la più popolare delle sculture del Louvre ma per me la più sensuale.





Saturday, November 28, 2009

Addio





"Che posto vuoto ce n'è stato, ce n'è, ce ne sarà."

Wednesday, November 25, 2009

Suddently I see


Non riesco a ricordare esattamente cosa sia successo, eppure deve essere andata grossomodo così: Una parola di troppo credo, in quel mare di cose dette che per mesi sono state sale su una ferita, un continuo precipitare dal male in peggio. Sentimenti che si proclamano e si ritrattano come fossero niente, come se valessero ancora meno. Una messa in scena grottesca, una pagliacciata ridicola. Ma fino a quel momento tutto sembrava essere ancora lì in piedi, solido dentro di me, non mi ero accorta che le fondamenta si stavano sgretolando irrimediabilmente. Poi quell'ultimo discorso, quel tentativo di parlare, quell'incontro che sembra difficile da avere come se si stesse chiedendo udienza. Ecco, credo sia stato quello il momento in cui un embolo deve essersi staccato e l'illuminazione raggiunta. Delle volte serve un blackout per rischiarare la mente.
"Scusa? non ho capito bene" ma temo di aver capito benissimo. C'è una lunga lista d' impegni, delle priorità irrinunciabili. Io per mesi ad ascoltare, io, la persona che meritava la tua fiducia e perciò le tue confidenze, io per mesi a comprendere i malesseri, i malumori, e poi? che posto avrei io? di certo dopo l'aperitivo del venerdì, forse prima del pranzo del sabato. Ecco, allora va bene così, ti ringrazio ma credo di aver altro da fare, di meglio di sicuro. Di certo no, non una persona perfetta, forse piuttosto ruvida, delle volte fastidiosamente complessa però di certo una persona che si prende cura delle cose a cui tiene, Io. Un grossissimo errore di valutazione, il mio. Non c'è niente di speciale. Niente che valga la pena conservare, neppure il ricordo. La maggior parte delle volte le persone non cambiano ma in un arco sufficiente di tempo si rivelano e se si ha una lunga memoria anche i gesti del passato si reinterpretano. Non si trattano così le persone importanti, neppure se lo sono state un tempo e poi non lo sono più. Le persone non si usano come fossero fazzoletti durante una crisi di pianto. Perdona la schiettezza ma qui chi ha da perdere sei tu.
" Forse potrei spostare l'impegno del mercoledì" si, sono onestamente disgustata da quell'altalenare d' indecisioni, di gesti fatti a metà tipici di chi ha maggior vantaggio a stare con due piedi in una scarpa. Se ti fa piacere renderti disponibile ad un incontro fai una scelta senza dover proclamare quanto ti costerà oppure dì semplicemente che non hai tempo per me e secondo il mio modesto punto di vista te la cavi con più stile. Delle continue defiance, le tue. Ed ora lo confesso, ho una opinione diversa di te. So anche come reagirai a tutto questo, con una silenziosa dipartita perché chi ha smesso di sorprendersi smette di sorprendere pure gli altri.

Sunday, November 22, 2009

L'appartamento spagnolo


" Come luce lei arriverà, come acqua piano scivola. Senza far rumore salirà le scale e le sue labbra... Come mirra lenta brucerà, come fuoco danzerà per te"


E' arrivato il momento di ricominciare. Lo so per certo perché questa mattina, un sottile, inaspettato benessere mi ha baciato le guance. I grandi olmi lungo la strada hanno iniziato già da un pò a perdere le loro grandi foglie giallastre ed ora sono tristi e nudi. Forse avrei voluto ancora un pò coccolarmi nella tristezza, adagiarmi in un ricordo che diventa sempre più grigio, sempre più lontano. Ma questo è un altro tempo. E' il tempo della ragione. Questa è un'altra storia ed io sarò felice di raccontartela. E' la storia di una donna che cammina da sola per le strade di Barcellona, che ha in mente per se qualcosa di speciale e ha fatto molta strada per essere sicura che gli appartenesse. Il mio respiro segue l'ondeggiare del mare, delle volte calmo, quasi immobile, altre volte violento e terribile. Il corpo appartiene al molo ma la mia mente è un naufragio in molti pensieri ed un ormeggiare in poche certezze. Riscopro la felicità in cose che non avevo notato. Vedo negli sconosciuti cose che mi appartengono.

Rientro a casa dopo aver percorso una scacchiera di strade, salgo attraverso le scale buie di questo appartamento in Carrer de Provença. Apro la porta, mi rifugio in fretta nella mia piccola stanza ma Eva arriva veloce e si appoggia allo stipite della porta. Non vuole che io venga inghiottita dalla tristezza, mi impedirà di farlo cucinando per me tortilla. "Finito means finito in every languages: spanish, italian or english, it doesn't really matter" sentenzia. Eva me lo dice sempre, teme che io possa dimenticarlo ma io ho capito, le sorrido e strizzandole l'occhio le rispondo, "Claro que si Eva, ¡ no se daña a queien se quiere! ". E poi ci sono tante cose da fare, questa carriera da fotografa di moda ancora tutta da costruire. L'uomo con il demone tatuato sul collo occupa le mie notti tenendomi sveglia con la sua voce suadente, mi avvolge con le sue attenzioni, cura le mie solitudini e placa molte delle mie incertezze. Sento che sta arrivando, anche se ancora sulle punte, il tempo della felicità.

p.s. un altro noioso self portrait

Tuesday, October 06, 2009

Suerte


Il mio viaggio è iniziato a Matarò, una piccola cittadina spagnola a circa trentacinque chilometri dalla mia destinazione. Juan Carlos, il produttore di vino argentino ci aveva tenuto così tanto affinché accettasi quel passaggio che non avevo potuto sottrarmi. Desiderava che conoscessi il suo amico fotografo che era venuto a prenderlo per portarlo in città. Ma poi in preda ad un entusiasmo generale, il fotografo ed i figli di Juan avevano deciso di fermarsi nella piccola cittadina della costa, in fondo erano le tre del pomeriggio ed era ora di pranzare. Dal finestrino della corriera ho visto scorrere davanti ai miei occhi una vasta pianura giallastra con macchie di vegetazione sparse, le case sbiadite dal sole di una estate di fuoco e grossi impianti industriali erosi dal sale. Avevo voglia di arrivare a destinazione di smettere di trascinare quella valigia che mi sbatteva sulle gambe e che avrebbe lasciato i segni per giorni, togliere dalle spalle lo zaino con le mie macchine fotografiche e possibilmente tutte quelle sensazioni di tempi andati, di storie consumate. Eccola maestosa adagiarsi sul mare. Una rete fitta di strade parallele, simmetriche che confluiscono  nei ventri ampi delle piazze.  Nei vicoli stretti e lunghi di alti palazzi panni stesi ad asciugare, pareti umide, pavimenti lastricati. L'odore del mare, il sapore del sale che penetra su nelle narici ed esplode nei polmoni. Tutto ricomincia da qui. In questo appartamento al secondo piano a cui ci si arriva percorrendo delle rampe di scale con delle finestre strette e lunghe dal quale non entra  neppure un raggio di sole. Un rassicurante utero buio. Se penso al passato trovo strano sapermi qui. Mi sento bene,  di una felicità placida, serena. Una felicità che cura nel profondo, che ristabilisce l'ordine delle cose. È meraviglioso scoprire di non avere più nulla da perdere.

Friday, October 02, 2009

La verità negli occhi


Ho viaggiato verso Nord. 

Il mio ultimo viaggio italiano prima della dipartita. 


Ho consumato la nostra ultima conversazione seduta ad un tavolino di un bar. Mentre parlava mi sono accorta di quella piccola macchia scura accanto all’iride del suo occhio sinistro. Una piccola macchia in così tanta limpidezza. Dettagli eloquenti. Non lo cercherò mai più.  Non lo cercherò perché mai più seguirò i passi di chi non ha voglia di una mia significativa presenza nella sua vita. Una eccezione fatta per lui e per lui soltanto svanita al cenno del suo ulteriore rifiuto. 

Alle prime luci del mattino ho preso la testa fra le mani, ho stretto forte le spalle, mi sono raggomitolata sullo stomaco. Continuo a credere che la mancanza generi sempre sottrazioni reciproche. Mentre tutto andava alla deriva ed io annegavo naufragando, ho sentito le mani del mio amico scivolarmi tra i capelli ed accarezzarmi le guance. Siamo rimasti così abbracciati e muti. Il dolore ha degli abissi così profondi da non riuscire a vederne la fine. 

Ho percorso la costa di levante ed ho osservato la gente ritmare la propria vita allo scandirsi alterno di un semaforo. Mi sono ubriacata di sole e di vento salmastro eppure avrei voluto essere altrove, possibilmente lontano.

La consapevolezza psicologica di una vicinanza fisica ci costringe ad essere maggiormente determinati negli intenti. Cedere significherebbe costringersi ad una agonia insopportabile. Durante la mia ultima sera, parole silenziose hanno navigato negli sguardi di rapporti consolidati, di rapporti recuperati. C’erano tutti gli sguardi che avrei voluto tranne i suoi ma non c’era da stupirsi per chi aveva già post posto un incontro privilegiando le incombenze di un insignificante quotidiano. Piccoli dettagli che passano silenziosi e che si rivelano solo in considerazioni successive. Sono finiti i tempi dove si consumavano miglia anche solo per uno sguardo. La verità è negli occhi.


Questa storia ha tutto il sapore di una disfatta. 


L’esilio non è mai stato come in questo momento, una scelta più dolce. Le persone che mi vorranno sapranno dove cercarmi e mi troveranno sempre nei loro pensieri. Guarirò. Tutte le ferite si rimargineranno. 

Tornerò e splenderò di una bellezza rara

Sunday, September 06, 2009

When September ends


Ho acquistato un  biglietto di sola andata per la Spagna. Quando Settembre conterà i suoi ultimi giorni io preparerò la mia valigia e me ne andrò.
Di fronte a delle scelte di questo tipo non ci sono mai delle consolidate ragioni per cui andare ma ce ne sono delle ottime per non restare e questo è quello che basta.
Questo protratto soggiorno romano, questa estate calda che si è consumata lenta, che ha arso al sole molte delle mie convinzioni, lascerà un segno profondo in me. 
Londra con  il suo cielo plumbeo, con il suo cuore di metallo è ormai una vecchia storia, una di quelle che si consumano tra le pareti di una casa dalle scale strette e dal pavimento scricchiolante di legno e moquette.  A Roma la quiete di una estate, il sole  che finalmente ferisce gli occhi  da troppo a lungo abituati alla notte ma che ti promette qualcosa che non ti darà. E di nuovo l'inverno che con la pioggia disegna lacrime sulla finestra e che ti accompagna in interminabili pomeriggi. Attendere a lungo l'estate, desiderarla nel fiorire della primavera. E poi arriva, calda, una lunga lingua di fuoco che ti dice tutte le cose che non vuoi,  tutte le cose che vorresti non credere, tutta la verità insomma. Ed ora non resta  che tracciare un nuovo percorso, spostare con le mani nude gli ultimi ostacoli emotivi e fare un salto nel vuoto. Lenire il corpo bruciato con le foglie umide dell'autunno. Se non avessi paura vorrebbe dire aver scelto con superficialità ed approssimazione ma non è così. In tutto questo c'è solo l'incoscienza del credere che a qualcuno mancherò. Ora so molte cose, le ho acquisite mio malgrado. La consapevolezza non ha nulla  a che spartire con la felicità. 
Porto con me solo l'essenziale. Non lascerò briciole di pane per chi vorrà seguirmi ma le persone importanti sapranno sempre dove trovarmi.
La lontananza, quella fatta di chilometri, di miglia, quella che separa il mare dai monti, i ghiacciai dai deserti non è mai esistita. La distanza, quella si che esiste, incolmabile, irrimediabile. 
Amaro disincanto.




Thursday, August 13, 2009

Quando il vento tornò a parlare


Ricordo bene il lieve sussurro del vento, passò sfiorandomi i capelli in un giorno d'Aprile. Immobile, soffocante ed umida l'aria di una notte d'Agosto che per nulla ricorda il respiro sottile di una giornata di primavera. E' il tempo che passa, che scivola fra le mani, che muta gli animi e gli umori e che ci condanna ad una infelicità profonda fatta di arrivederci incerti che in tutto rassomigliano a degli addii.
Potrei guardare il cielo, perché è la stagione delle stelle cadenti, perché potrei ancora sperare di aggrappare ad una di esse una speranza. Ma così  brevemente vivono le speranze legate alle comete, nel baleno intermittente di una frazione di secondo e nulla più. Tutto quello che so è che avrei desiderato restituirti la felicità che non possiedi, che avrei voluto essere la cura dei tuoi mali, che avrei voluto narcotizzare le tue notti insonni, placare le tue ansie, guarire la tua anima da quello stato incerto che dici di possedere. Ma sfortunatamente l'amore non è mai stata una risposta. Il bene che proviamo per le persone non guarisce una delle loro ferite, ne asciuga le loro lacrime. Desiderare di essere toccati, guariti, alleviati è una condizione necessaria a rimuovere quella naturale impermeabilità che possediamo. Non preoccuparti per me, io starò bene perché ho ancora il ricordo di quel soffio di vento nel cuore e sulle labbra. Quando l'insopportabile consapevolezza di una terribile perdita passerà e ritroverai tutto quello che ora senti svanito allora forse ti concederai di pensarmi. Tutto sarà passato ed io non ci sarò più. Ma sarà in quel momento che io ti regalerò la mia lezione più preziosa  e ti ricorderò che a volte  perdendo un treno, ci si accorge di essersi fermarti in posti inaspettatamente belli.

Thursday, August 06, 2009

Pensieri arsi al sole

È una questione di principio, una scelta di coerenza.

E a dire il vero, odio sia i princìpi che la coerenza, indistintamente, anche quelli degli altri.

Le persone inflessibili mi sono sempre sembrate incapaci di valutare la flessibilità e la variabilità della logica. Tuttavia di fronte alle posizioni  altrui è necessario fare anche la propria scelta. Farla in modo chiaro, eliminando qualsiasi ambiguità. Non capisco  da cosa scaturiscano i princìpi degli altri, delle volte, a formularli sono le stesse persone che mi hanno attratto per la loro capacità di saper sovvertire delle regole, che sembravano completamente prive di una ipocrita morale. So bene però da cosa scaturiscono i miei di princìpi. Lungi dall'essere una semplice presa di posizione, sento di dovermi tutelare quando ho concesso a qualcuno di entrare in uno spazio emotivo riservato, ed  improvvisamente questo spazio viene violato da un gesto inaspettato. 
Non mi piace che si giochi slealmente con le mie concessioni e le mie disponibilità. Delle volte questo comportamento viene interpretato come una chiusura, e nonostante non possa affermare che non lo sia, dirò che il più delle volte, non lo è totalmente.
Ed ecco perché odio i principi:  Perché per quanto nobili, ragionati e perseguiti evocano in me l'idea di aver innalzato un muro fra me e gli altri. Mi dispiace dover ammettere che anche in questa occasione è così. Preferisco fare una scelta apparentemente drastica che fingermi consenziente ad una che non mi appartiene. Non posso permettermi di mancare a me stessa, questa è l'unica cosa che alla lunga comprometterebbe la mia felicità in modo irreversibile. Forse queste spiegazioni non erano necessarie, ma non do mai per scontato nulla, nemmeno l'ovvio. Andarmene è la sola scelta che mi rimane, lo scacco matto prima di dichiarare la partita chiusa.

P.s. Assicurarmi le gambe?

Saturday, August 01, 2009

Qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto


Oggi ho ricevuto una lettera. Poche righe scritte su un rettangolo di carta. Fosse accaduto ieri forse non avrebbe avuto la stessa importanza, lo stesso spessore. Ma il fatto che sia accaduto oggi è come sale su una ferita.
Anche Lui, proprio oggi, per la prima volta da mesi ha squarciato un muro di silenzi fatti di cortesie reciproche e nulla più. Tutto questo è accaduto oggi, nelle poche ore che precedono la quiete di una serata estiva. Ore che poco prima erano state consumate da una conversazione  che chiude ogni cosa. Un sapore amaro tra le labbra, un veleno somministrato da giorni in generose cucchiaiate addolcite dallo zucchero di belle parole, di cui ho deciso di non nutrirmi più.
Non sono fatalista e neppure credo nel destino ma questa sequenza ravvicinata di eventi sembra avere il sapore di una lezione impartita.
Soluzione:
Fare tabula rasa di tutto. Dimenticare ogni cosa. Ricominciare  da capo. Imporsi una logica razionale ferrea, dove la risposta alla domanda  risiede solo nella semplicità. Ricordarsi sempre che tra A e B passa una ed una sola retta. Se vogliono farti credere che esistono realtà più complesse stanno mentendo. Il dolore è sempre disarmante nella sua semplicità e la semplicità è la caratteristica che lo rende insopportabile perché ci piacerebbe credere che le ragioni del male risiedano in spiegazioni più complesse, più profonde, archetipe. Ma il il dolore è tutto lì nella superficie devastante di una rivelazione semplice. 
Ultimamente mi scopro incapace di comunicare con le parole, sono diventate uno strumento scomodo, soggette a fraintendimenti, troppo polisemiche. Niente parole quindi. Ma credo che il mittente della mia lettera non sia rimasto privo di risposta.
Ed ora con il veleno ancora nello stomaco, penso a domani e a quella felicità che sembra fatta di carta e nulla più.

Thursday, July 23, 2009

Mi preferisco freddamente felice


Tutto mi è chiaro adesso. Limpido, trasparente, crudo nella sua essenzialità, ma questo per ora è secondario. La consapevolezza non mi rende più felice ma mi restituisce qualcosa che era andato perduto, qualcosa che era stato omesso. E' stata una notte lunghissima ed io non volevo altro che finisse, che il giorno inghiottisse vorace la notte, che la bruciasse con il calore di un altra giornata di Luglio.

Seduta sul balcone ho aspettato le prime luci dell'alba, ho visto un uomo attraversare la strada, Il primo tram del mattino passare rumoroso sulle rotaie, la prima serranda sollevarsi. E' così bello e rassicurante  contemplare quello che è consumato  dalla  quotidianità quando si è persa ogni certezza.

Baciata dal vento, ho percepito il primo respiro del giorno. 

Ieri mi sono laureata. Ho preso il massimo dei voti perché non so fare le cose con approssimazione. Essere qualunque mi è sempre sembrato un peccato mortale. Ed ora mi sento svuotata. Se un obiettivo è caduto, tramortito dal proiettile della mia determinazione, ora mi tocca riprendere la mira, riposizionare le intenzioni, tirare su le braccia e sparare ancora. Tutto mi sembra crudelmente violento e non vedo realizzazioni possibili  senza il sacrificio della carne, del corpo.

La costante dedizione che ho riservato al mio impegno mi ha fuorviata, mi ha impedito di vedere quel qualcosa in più  che sempre si nasconde nel dettaglio. E questa improvvisa presa di coscienza delle cose e delle situazioni mi ha colpito nella mia vulnerabilità. Mi pento di essermi permessa questa fragilità. 

Mi preferisco freddamente felice. 

Le mille valide ragioni che potrò ricevere non cambieranno la natura di un rifiuto.

Voglio stemperare ogni emozione con quella fredda ragione che come si dice, non ha mai asciugato una lacrima. 

Trovare motivi, giustificazioni, alibi poi andare avanti e fare finta di niente fino a che l’indifferenza apparente sia sostituita da quella reale. 





Thursday, April 02, 2009

La bellezza salverà il mondo



Ora sono felice. Ora. Adesso, in questo preciso momento. Domani non so ma domani non conta. Questa serenità sottile, questa felicità troppo a lungo sopita è qui. Non voglio perderne neppure un secondo. E' palpabile come fosse materia. Questa vita romana mi ha tenuta lontana dai set, dai castings, dai colpi di spazzola, dall'occhio critico di Dean. Mi ha rapita dalle strade di Londra, dal vento freddo che soffia sul Tamigi, per catapultarmi nel sole tiepido di questa primavera italiana. Scorre lento il Tevere, non è impetuoso come il fiume di gente della mia Londra. Tra le rovine, tra le vestigia del passato, tra ciò che è logoro, consumato dal tempo, ho potuto nascondermi, guarirmi. Con le macerie ho ricostruito questo equilibrio, l'ho ponderato, cercato, voluto. Ed ora eccola flebile, sottile, fugace, fa tendere un arco sulla mia bocca, fa brillare appena i miei occhi. E' solo un lampo che balena per un istante nello sguardo. Vedi, sono a casa eppure non sono ancora arrivata. Ora che ho disfatto le valigge posso finalmente ripartire. Posso pensare ad un altro viaggio perché qui ho abbandonato ogni cosa. Ho incominciato un nuovo percorso. La mia passione per la fotografia mi sta portando su lidi inaspettati. Catturo immagini, spesso, frequentemente, se non con la mia macchina fotografica lo faccio con i miei occhi, imprigiono tutto nella memoria, trasformo ogni cosa in icone che possano rimanere eterne, che siano adesso e per sempre. Voglio fotografare ogni cosa e trasformarla in bellezza, perché come dice Dostoevskij la bellezza salverà il mondo. Se salverà il mondo salverà anche me da questa mia ostinata misantropia, da questa profonda sfiducia, da questo senso irrecuperabile di solitudine intellettuale. Sento un'urgenza, una esigenza creativa, delle volte non voglio fotografare, devo fotografare. Guardo con stranezza questo dinamico volteggio che mi ha fatto scivolare dietro le quinte e che paradossalmente mi tiene ancora sulla scena. Voglio riempirmi gli occhi di tante nuove cose, voglio viaggiare e ricominciare ancora. Forse tornerò a Londra o forse un altro luogo diverrà casa mia. E' bello sapere di poter lasciare questo luogo portando con me tutto quello di cui ho bisogno.

Thursday, February 26, 2009

A broken doll never cry

Impopolare. Io sono impopolare. Non ricordo bene cosa debba aver alimentato questa considerazione di me che pure deve essere stata latente, sopita dalle cortesie apparenti delle circostanze. La verità è che io sono scomoda. Credo sia difficile dover rimettere in discussione tutti quei luoghi comuni che così comodamente avevano giustificato insopportabili mancanze estetiche e che ancor di più, hanno mostrato in modo incontrovertibile, incolmabili fragilità  intellettuali. E' meglio credere che io non esista, che io sia una invenzione di una mente avvelenata dalla gelosia e dall'invidia. Bisogna creare un pretesto, uno qualsiasi, che finga indignazione e che possa allontanarmi senza diritto di replica. Mai parlare con me, mai cadere nell'errore di cedere alla seduzione delle mie parole, potrebbero essere così dolcemente convincenti, trarrebbero sugli scogli della incertezza anche le opinioni dei più esperti marinai dell'eloquenza. Quello che non possono accettare è che una bambola possa parlare, che quello che possa dire si riveli addirittura interessante è decisamente troppo, se quello che dice è poi scomodo ed irriverente è assolutamente inaccettabile. Una bambola non dovrebbe parlare. Questo è mostruoso. Questo sovverte l'ordine delle cose. Dunque la soluzione è presa, facciamo finta che non esista e non esisterà. Rompere la bambola, spezzarla a metà. Qualcuno avrebbe dovuto dire loro che non basta chiudere gli occhi perché una realtà incomoda smetta di esistere. Forse potranno eludere la loro banalità per un pò, circondarsi di mediocrità che li faccia sentire nel salotto comodo delle propie superficialità. La verità è che una bambola rotta non piange mai.

Thursday, February 05, 2009

Leaving Caledonian


                            " Ma tu che vai, ma tu rimani
                               vedrai la neve se andrà domani
                               rifioriranno le gioie passate
                               col vento caldo di un altra estate"

Un  cielo grigio, compatto. Un cielo triste che piange lacrime fredde divenute compatte come cristalli. Gli alberi spogli ai lati di una strada colma di neve, una neve fresca, soffice, che si è poggiata lenta e costante per tutta la notte. Una neve pura che promette invano di conservare le impronte del mio passaggio. Porto via tutto con me, custodisco tutti gli oggetti come se potessero conservare per me ogni memoria, come se potessero parlarmi invece di rimanere muti ed immobili. Ma non c'è tempo per guardarsi intorno, per accorgersi che sotto la neve tutto è rimasto uguale e che il percorso che hai fatto mille volte  è ancora lì sotto le suole delle tue scarpe e che presto abbandonerai per altre strade, per altre cose. 

                                        " Anche la luce sembra morire
                                           nell'ombra incerta di un divenire
                                           dove anche l'alba diventa sera
                                           e i volti sembrano teschi di cera"

Ci sono molti chilometri da percorrere, e mentre vai ti lasci alle spalle una Londra di ghiaccio. Abbandoni la costa e se ti guardi indietro vedi solo le bianche scogliere di Dover che sembrano volerti afferrare, che ti chiedono di non partire, di ripensarci. Ma tutto è ormai irrevocabile e vieni inghiottito da strade che paiono un mare d'asfalto. Le navighi veloce e scompaiono nel nulla dopo il tuo passaggio. Tutto è così ostile e pensi solo a casa, al voler tornare in fretta e ti chiedi se casa non sia nella direzione opposta. La notte buia è ovunque ed  ricordi ormai sono diventati un labirinto dal quale uscirai a fatica. 

                                          "Ma tu che vai, ma tu rimani
                                            anche la neve morirà domani
                                            l'amore ancora ci passerà vicino
                                            nella stagione del biancospino"

Ci sono delle esperienze che vanno vissute nel silenzio perché ogni parola spezza la sacralità che le circonda. Tutto quello che vuoi sono delle braccia che ti cullino mentre consumi le ultime lacrime che sprecherai  per questo addio. Ma non ci sono braccia, e non c'è pietà per chi paga lo scotto delle propie azioni. Ma poco importa perché io custodirò tutto con me, stringerò forte ogni fatica conquistata, accarezzerò ogni ferita, rinnoverò ogni promessa e rivivrò ogni sorriso nel tempo infinito della mia memoria.

                                           "La terra stanca sotto la neve
                                             dorme il silenzio di un sonno greve
                                             l'inverno raccoglie la sua fatica
                                             di mille secoli, da un alba antica."

Un lungo viaggio per espiare le propie colpe, per sentire di aver pagato il propio debito. Ora mi lascerò così per un pò, trasportata dai ricordi, soffocata dall'amarezza della perdita, mentre ricorderò di quel raggio di sole che un giorno filtrò da quella finestra che dava sui cortile ed i tetti di Caledonian road.

N.d.a. le parole tra le virgolette sono tratte dalla canzone di De Andrè, L'inverno .    
So bene che avrei potuto scegliere una foto migliore, ma questa foto ha per me un significato speciale.