Friday, January 15, 2010

Sliding Doors

Ho aspettato a lungo questa lettera, la carta inconsistente e le parole pesanti come piombo. Scivolano i miei occhi sulle lettere accatastate come una goccia d'acqua su un piano di lamiera reclinato. Penetrano nelle ossa come l'umido in una giornata d'inverno. Non ho più sperato in un ritorno.

"Penso che quando due persone si avvicinano così tanto è davvero un peccato mortale se poi si perdono. [...] il mio pensiero ogni tanto tornava a te e mi chiedevo " chissà cosa starà facendo?". Talora ci sono persone che pur stando ad esse sono così lontane e altre che pur non essendo fisicamente vicine, sono e saranno per sempre unite".

Non riesco a fare a meno di domandarmi perché ora, perché in questo momento della mia vita. Forse è solo una questione di coincidenze ma questa lettera che si era perduta, non in un lungo viaggio ma nel percorso che dalla penna porta alla carta, ora è qui, ed io la leggo immaginando il suono della tua voce. Una strana coincidenza, deve essere così, non può essere diversamente. Se possedessi la fede crederei in un segno ma non l'ho mai acquisita o forse l'ho perduta. Se avessi fede crederei che in tutto c'è una ragione, che passato e futuro in realtà non esistono, che c'è un unico tempo che è quello del vivere e che costantemente mi impartisce una lezione che forse non sarò in grado d' imparare. Potrei credere che tu possa rispondere alle domande che non so, che ultimamente così spesso mi sono chiesta.

"Questo senso di incompiuto, di non risolto è qualcosa che ha contribuito a spingermi a ricontattarti [...]"

Si può colmare il vuoto generato da una assenza? Quante volte ti sei chiesto di me? dimmi che ho vissuto nei tuoi ricordi, dimmi che per sempre vivrò nei tuoi pensieri che questo è forse l'unico modo che abbiamo per salvarci dalla morte.

Tu sei una persona con cui io devo "fare i conti". Direi che il termine giusto è "monstrum": in latino è una vox media, cioè significa qualcosa che fa paura, ma al contempo affascina e intriga, proprio per questo suo senso di timore che incute".

Hai ragione tu, non si può non avere paura se si tratta di me, che io stessa delle volte mi temo. Pericolosa perché mutevole e per questo non rassicurante. Orgogliosa, difficile, pretenziosa. Io ti rispondo che sono sublime così come lo intendeva Kant, così come lo intendeva Schopenahauer; il piacere che si prova osservando la potenza e la vastità di una forza che potrebbe distruggere chi l'osserva. Io sono una di quelle forze di fronte alle quali l'uomo prende coscienza del proprio limite. Il piacere è direttamente proporzionale alla paura e credimi non c'è vanto ne presunzione in quello che dico ma un profondo sottile rammarico perché consapevole che le difficoltà che genero hanno portano alle deriva molte delle persone a cui ho tenuto.

"Non me ne sono andato, ho deviato volutamente la mia traiettoria rispetto alla tua"

"L'unica cosa che ho fatto è stata di chiudere si quel capitolo, ma non per terminare il racconto, piuttosto per lasciarlo parzialmente in sospeso e poterlo riaprire più in là."

Tu puoi spiegare ed io per certo capirò, tu puoi dire ed io sicuramente perdonare. Temo solo che qualcosa sia andato perduto.

"P.s. Talvolta voler bene ad una persona significa anche privarsi della sua presenza fisica; questo atteggiamento può sembrare menefreghismo, noncuranza, disaffezione, indifferenza, in realtà è la forma più difficile d'affetto perché presuppone il superamento di un egoismo materiale, che si esprime nel "possesso" fisico, ed il passaggio a una forma di perpetuo contatto immateriale, che si esprime nella memoria viva di un sentimento."

Posso capire? voglio capire? forse no. E così lo sguardo scivola ancora in quello spazio breve che è rimasto da percorrere, lì sul piano reclinato tra la firma del tuo nome e l'ultimo spazio vuoto della pagina e poi fa un salto giù nel vuoto e si infrange come acqua su gelido marmo.














9 comments:

Gio said...

Beh, decisamente non banale.

Concordo soprattutto quando dice, con parole sue, che si può arrivare a rinunciare a qualcuno, che si ama davvero, per non far male a noi o a quel qualcuno, o a tutti e due.

Io non conosco nè te nè chi ha scritto queste parole, ma sono giunto alla stessa conclusione più volte durante la mia esistenza - decisamente sublime, che dà le vertigini a chi si avvicina troppo a me e che quindi ho dovuto tenere lontana da ... beh, da tutti.

A presto,

Gio

Ivan Fedorovic said...

io invece non ci credo...fare del bene rinunciando a qualcuno presuppone a mio avviso uno sbilianciamento di responsabilità..se la vicinanza ad una persona può essere negativa credo lo debba decidere la persona oggetto di tali attenzioni, non l'altra..è un po' decidere per entrambi..poi se una persona non capisce che sarebbe meglio allontanarsi da qualcuno, allora quello è un altro tipo di problema,ma cmq derivante da libera scelta... opinione personale...un saluto..

Artemisia said...

Credo che sia molto difficile giudicare le motivazioni che portano qualcuno a fare delle scelte di questo tipo. Quello che ho sempre creduto e che continuo a credere è che la mancanza genera sottrazioni reciproche. Mi spiego meglio: Se decidi di andare via, non priverai solo quella persona della tua presenza ma tu stesso perderai tutto quello che l'altra persona poteva darti. Come dice il mittente di questa lettera , quel capitolo si è chiuso ma questo non implica che lo sia il racconto. Io non mi domando quello che è stato, piuttosto mi domando quello che sarà. Mi domando se il tempo perduto sia recuperabile. Ne dubito fortemente. Confesso che vorrei concordare con Gio ma sfortunatamente sono portata a credere che Ivan abbia ragione. Io credo che volerci essere nella vita di qualcuno, volersi dare sia sempre una scelta complessa e significativa. Dover cercare qualcosa da dare ad un altro pur avendo delle proprie debolezze e delle fragilità, delle insicurezze o delle incapacità, mi sembra il più grande gesto d'affetto, di amicizia, d'amore. Tentare di superare i propri limiti sapendo anche consapevolmente che è poco quello che si può dare, mi sembra un gesto che superi ogni egoismo. Tutto questo però esige un postulato fondamentale: i rapporti devono sempre ed unicamente essere reciproci. I rapporti esigono una pluralità, non c'è un noi senza la reciprocità delle parti.
Vi saluto entrambi e a presto.

"A." said...

Artemisia

Sai, quando questo pomeriggio ho letto il tuo nuovo “intervento”, mi è immediatamente tornata in mente proprio la frase sulle sottrazioni reciproche.
E così mi sono detta... Chissà se la persona di cui parli quì è la stessa di cui hai scritto: “Non lo cercherò mai più. Non lo cercherò perchè mai più seguirò i passi di chi non ha voglia di una mia significativa presenza nella sua vita”.

Lato A della medaglia. Devo concordare con l'idea secondo cui non è nella scelta di privarsi della presenza di una persona che si esprime la volontà di cercare il giusto spazio in cui collocare qualcosa che sa di non concluso. Di “fare i conti”. Tanto meno l'espressione più elevata d'affetto. Troppo semplice pensarla così. Troppo semplice...
Qui non vince chi si allontana dal campo, chi chiama time-out e osserva il gioco da spettatore, al contrario vince chi ha la forza di rimanere in campo, con tutte le implicazioni che ciò comporta, chi si gioca la partita fino all'ultimo.
Il disincanto delle tue considerazioni mi pare trovi giusta causa nell'atteggiamento cincischiante di chi torna con in mano diverse domande, spiegazioni sommarie ma poche risposte.

Lato B della medaglia (quello che meno preferisco). Quel “compatire” nell'etimologia latina del termine di cui mi hai parlato, è qualcosa a cui non sono riuscita a sottrarmi leggendo quanto hai scritto.
Parlo del ricevere una lettera che hai aspettato a lungo, del pugno allo stomaco provocato da un ritorno in cui non speravi più (A confermare che ritornano sempre), della consapevolezza che forse troppo è andato perduto, che quindi è troppo tardi. E d'altro canto la speranza che in realtà non sia così, il desiderio di essere smentiti. Dalle coincidenze, da eventi che sembrano dei segnali, dalla persona stessa -l'unica- che potrebbe ribaltare la situazione e darti finalmente le risposte.
Eppure non posso fare a meno di chiedermi: A quando questo “pareggiare i conti”? A quando le risposte? A cosa/chi giova rimandare? Perchè perdersi, quando ci si è avvicinati tanto?
A volte è tutto così fastidiosamente semplice(“ricordarsi che fra A e B passa una e una sola retta”), la soluzione così fastidiosamente a portata di mano; anche in una storia che di semplice a volte è parso offrire poco.
Quel suo “P.s.”, infine, racchiude tante parole, parole, parole, ma alla resa dei conti che cosa resta? Cosa ti lascia?
...L'ultimo spazio vuoto della pagina, un salto nel vuoto su gelido marmo.

Alla fede che forse hai perduto non voglio aggiungere del mio. Inutile precisare che queste riflessioni sono solo opinioni. Non ho la pretesa o la presunzione di andare oltre. Al contrario, ti auguro solo di trovare le tue risposte. Che sia questa persona o tu stessa a fartene dono.
Quando ne avrai voglia, Artemisia, mi dirai che cosa pensi dei “Lieto Fine”.

A presto,
Ad maiora,
A.

P.s. Bella la foto. E se la verità è negli occhi -i tuoi, stavolta- la risposta -per te, per lui – probabilmente è già fra le righe. Le tue.

Artemisia said...

A. Ti racconterò una storia:

Delle volte, per delle ragioni che di certo crediamo nobili, ci allontaniamo dalle nostre intenzioni. La persona alle quali erano dedicate quelle parole tornò prima del previsto in un giorno d'Ottobre. Volli credere alle sue parole, volli credere in un ritorno. Ma il suo ritorno fu solo un soffio di vento che smorzo il lume già fioco di una candela che con tutte le forze avevo tentato di tenere accesa. Era tornato per dirmi quanto ci tenesse ma anche per dire poco dopo che non era come aveva creduto. Non chiedermi come sia possibile commettere un errore di questo tipo perché sono completamente incapace di risponderti. Ho creduto che fosse la paura ad avergliele fatte pronunciare ed ho tentato di trattenerlo. Confesso di aver sbagliato. Quando qualcuno vuole andare via, bisogna voltargli le spalle in fretta e facilitargli ogni cosa perché voler restare deve essere una scelta pensata, maturata e voluta sopra ogni altra cosa che altrimenti non ne vale la pena. Più volte ho tentato a rassegnarmi e mi sono detta che era giusto lasciarlo andare. Altre volte al contrario ho voluto restare aggrappata al ricordo che avevo di una persona che da tempo non c'era più. Un giorno decisi che era tempo di congedarmi. Gli scrissi quello che credevo sarebbe stato il mio ultimo messaggio e con amarezza gli spiegavo che la persona che avevo di fronte in nulla rassomigliava alla persona che avevo incontrato in passato e che lui era solo "uno sconosciuto senza cuore". Usai queste parole " Senza Cuore" è strano dirlo, ma queste parole appartengono così poco al mio vocabolario ed è per questo che ricordo bene di averle usate. Il giorno dopo ho ricevuto il tuo primo messaggio e letto il tuo primo post. Ed ora potrai capire meglio la mia domanda sulle coincidenze. Non so se quella persona si riaffaccerà nella mia vita, non mi è dato saperlo ma se devo pensarci lucidamente allora ti dico che non credo in un ritorno. A pagina 396 di un romanzo che ho appena finito di leggere lo scrittore fa pronunciare queste frasi ad uno dei personaggi: " Le coincidenze sono le cicatrici del destino. Le coincidenze non esistono ". Stranamente anche tu, A., sei entrata in questo strano sovrapporsi di "coincidenze"o destino che dir si voglia. Il mittente di questa lettera non è la stessa persona della quale scrissi ma la sua lettera si inscrive così bene in quell'insieme di cose accadute per caso che inizio a concordare con le parole dello scrittore che ho menzionato. Per quel che riguarda il lieto fine mi piace immaginare che questo arrivi alla fine, di un romanzo, di una storia o di una vita ed io sento ancora di essere piuttosto lontana da una "fine". Sento però con certezza di poterti dire che per me il lieto fine è il saper fare tesoro delle cose che accadono e saper imparare dalle esperienze che non avremmo voluto.

Artemisia said...

Vorrei fare una precisazione che mi sembra dovuta: Io non ho alcuna intenzione di mettere in piazza i fatti altrui, non voglio che le scelte delle persone che hanno interagito con me vengano giudicate. E' per questa ragione che le persone non vengono mai nominate ed è anche per questa ragione che io non specifico mai il tipo di rapporto che queste persone hanno avuto con me. Non voglio che si crei un gruppo di "opinionisti" su questioni che sarebbe difficile giudicare conoscendone un solo punto di vista, il mio. Parlo, in generale, di rapporti che sono stati o sono importanti per me e ne parlo per condividere quello che mi ha coinvolto, quello in cui credo o ho creduto. Il mio disquisire su questi argomenti vuole essere autoriflessivo. Questo è un blog personale e questo, tautologicamente, significa che i fatti di cui parlo sono cose che appartengono a me e che a me sono accadute. Interagire con me significa, potenzialmente, rientrare nelle pagine di questo blog ma io spero sempre di farlo nel rispetto della privacy e della libertà degli altri. Questi "altri" nel bene o nel male, mi hanno sempre insegnato molto e per questo non smetterò di ringrazirli.

Gio said...

Cara Artemisia, la figura dell'opinionista è ridicola, sono d'accordo con te.

Chi sputa sentenze un po' su tutto e tutti, con il fare pettegolo di chi si ciba di gossip e chiacchiere, crea solo confusione.

'Homo sum humani nihil a me alienum puto'
Terenzio lo fa dire da un vecchio impiccione se non ricordo male (sono passati 15 anni da allora).

Il bello di tenere un blog 'personale' è altro che non interagire con impiccioni d'ogni sorta - il vero tesoro è paragonare la propria 'verità', quell'insieme di ragionamento ed esperienza che è davvero NOSTRA perchè vissuta e meditata a lungo, con la verità, diversa, degli altri.

Buona settimana!

Gio

amagod said...

...chiedo venia dell'invasione, ma come diceva il buon vecchio ciampi, "l'assenza è un assedio"...

Artemisia said...

La tua presenza è benvenuta amagod, come avrai avuto modo di capire, questa storia la scrive chi partecipa e non chi si astiene.